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Le cellule staminchiali

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La gente sta male. Molto.

La sofferenza della malattia di solito è immediatamente visibile all’occhio. O a volte è più discreta, meno invasiva. Basta essere ricoverati in un ospedale anche per breve tempo per rendersene conto. Quello che separa lo star male dallo star bene è solo una porta che potrebbe aprirsi in qualunque momento.

La sofferenza ha bisogno di rispetto. La scienza medica è una cosa seria. E anche lei ha bisogno di rispetto.

Spesso queste due sfere da rispettare collidono, non ce la fanno a stare unite. Perché la scienza non è illimitata e la capacità di soffrire di una persona invece sì.
E allora ci si affida alla libertà di cura che ci viene garantita dalla Costituzione. Che prevede anche il diritto di rifiutare certe cure e di lasciarsi andare, se è il caso.

Oppure si possono avere, anche quando non si sta troppo male, approcci medico-filosofici diversi da quelli tradizionali. Che so, l’ayurveda, l’omeopatia, i fiori di Bach, le piante di Mozart e le oche di Giuseppe Verdi.

O le famigerate cellule staminchiali.
Che saranno anche utili per le malattie neurodegenerative, non dico di no, ma se dai verbali dei Nas e dai pareri del comitato ministeriale di esperti risulta che nei trattamenti a protocollo c’erano solo scarse tracce di queste cellule con il rischio di contrarre perfino il morbo della mucca pazza allora mi devono dire che cazzo hanno infuso ai malati questi qui. “Assenza di controlli delle cellule del donatore”?? Ma siamo impazziti peggio della mucca! E se si fa firmare al paziente una accettazione del fatto che “si dichiara che le cellule somministrate possono essere leucociti del sangue, di solito mescolati ad altre componenti minori (…) oppure cellule più purificate quali le cellule mesenchimali estratte dal midollo osseo” non gli si offre una cura, gli si offre un cocktail shakerato non mescolato. Ma i malati non sono James Bond. Hanno aspettative, ripongono qualcosa di molto più importante della loro persona nelle mani del medico “alternativo”, ripongono la fiducia.

E allora c’è chi paga 40.000 euro per non ottenere nessun risultato, che contrae debiti con le banche (che non è che ci vadano di scartino!) che coltiva speranze e sogni che poi non si avverano. Se vuoi provare una cura che è “altro” da quello che ti offre il SSN te le paghi. E questo è giusto. Ma dall’altra parte, se ci sono solo sperimentazioni (ma sperimentazioni di che?? Le cellule staminchiali non c’erano) non si può costringere una famiglia a indebitarsi fino all’osso.

Se c’è gente che crede nel proprio metodo curativo, faccia il sacrosanto favore di dare GRATIS le sue cure, in modo da permettere a tutti di accedervi, e di accettare soltanto donazioni liberali. Che la gente doni quello che può, perché una iniezione (o “infusione”, come si usa dire ora) di un beneamato niente non può costare 40.000 euro.

Buon Natale? Buon Natale staminchia!


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